Una "consuetudine" strana, quella dell'inchino, fatta tante volte e vista tante volte anche da me, qui, nel mare di fronte casa mia. Quella sera, però, qualcosa andò storto. Alle 21:45:05, la Costa Concordia si incaglia sul fondale dopo essersi trovata un lato squarciato dall'urto contro degli scogli non emersi, e comincia ad adagiarsi lateralmente, dopo aver cominciato a riempirsi d'acqua dal compartimento 4 all'8 e dopo che motori e generatori secondari smettono di funzionare, gettando la nave in un completo black-out, ed i passeggeri nel più totale terrore.
Seguiranno minuti di indicibile caos. È in questo marasma che la Capitaneria di Porto di Livorno si mette in contatto con la Concordia, dopo 27 minuti dall'urto ed avvisata da un parente di un passeggero (che riferiva di cedimento del soffitto del ristorante ed ordine d'indossare i giubbotti salvagente) per tramite dei Carabinieri di Prato. Sono le 22:12, ma è solo alle 22:25 che Schettino riferisce della falla e dell'allagamento alla Capitaneria di Livorno, chiedendo l'invio di rimorchiatori (richiesta poi reiterata alle 22.40, parlando di necessità urgente di rimorchiatori) e sostenendo che tutti i passeggeri avessero indossato i giubbotti salvagente (mentre in realtà non era ancora stata data l'emergenza né date istruzioni in tale senso o fatto alcun controllo).
Siamo alla catastrofe. Ed è qui che prende il comando il Capitano di Fregata Gregorio De Falco, il quale già alle 22:28 ha disposto il dirottamento sul posto di tutte le navi presenti in zona, intimando, all'1.46 del 14 Gennaio, il famoso "vada a bordo cazzo!" ad uno Schettino che se la stava dando a gambe.
Ci saranno 32 morti, seguiti da una 33a vittima l'1 Febbraio 2014, durante i lavori sul relitto, quando perse la vita anche un sommozzatore del team di recupero e rimozione.
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